Un pasto caldo e piccoli gesti

I partecipanti a un corso fidanzati, appartenenti a un gruppo di nuova generazione emigrata a Basilea

Il missionario scalabriniano John Kawisha racconta la sua esperienza di servizio alla Mensa della carità della parrocchia del SS. Redentore di Val Melaina a Roma

Il diacono scalabriniano John Kawisha racconta la sua esperienza di servizio alla Mensa della carità, l’iniziativa che da più di trent’anni offre ogni giorno un pasto caldo a chi ha bisogno presso la parrocchia del SS. Redentore nel quartiere di Val Melaina a Roma.

Nata con la collaborazione della San Vincenzo de’ Paoli, la Mensa della Carità non è un’opera di merito ma una risposta ad un bisogno, un segno di accoglienza che rappresenta tramite il volontariato un valore aggiunto al bene che viene fatto nel quartiere.

Durante l’emergenza causata dalla pandemia non è stato possibile servire permettere gli ospiti di consumare i pasti negli ambienti parrocchiali, ma grazie alla solidarietà semplice e generosa di tante persone dal lunedì al sabato sono stati distribuiti dai 130 ai 150 pranzi al sacco. L’articolo di Kawisha rappresenta un aggiornamento sulla situazione del servizio che, come altre realtà scalabriniane ha aderito a #UnaSolaCasa, la campagna di solidarietà promossa da Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo (ASCS) e Scalabrini International Migration Network (SIMN) Europe per sostenere il prossimo che non ha smesso di soffrire la marginalizzazione e lo spaesamento provocato dalla pandemia di covid-19.

La povertà colpisce tutti

«La mensa della parrocchia del Santissimo Redentore esiste da trentuno anni e cerca di garantire il bisogno primario dell’alimentazione alle persone meno fortunate. La media degli ospiti alla mensa in questi ultimi mesi è cresciuta rispetto ai mesi prima della pandemia. Ogni giorno viene frequentata da circa centocinquanta ospiti.

Usufruiscono di questo servizio i migranti, tra cui tanti sono giovani di origine indiana, e poi anziani che non riescono ad arrivare a fine mese. Ci sono anche alcune intere famiglie che vengono per la mensa. In questi ultimi mesi a causa del covid la percentuale di italiani presenti è un pochino aumentata. Questo dimostra come la povertà, stia colpendo duramente e indistintamente tutti.

Gli ospiti vengono iscritti e a loro viene consegnato un tesserino per agevolare la distribuzione dei pacchi. Questo non significa che chi non è registrato non può essere accolto, infatti, viene accolto e registrato alla sua prima volta. Quindi è una mensa che accoglie tutti coloro che hanno bisogno, senza discriminare nessuno».

Senza i volontari non ci sarebbe alcuna mensa dignitosa”

«Svolgo il servizio alla mensa il sabato, due volte al mese. Principalmente, il servizio consiste nel preparare i pacchi del pasto per il pranzo, per poi distribuirli agli ospiti. Da quando c’è la pandemia, il pasto non viene consumato dentro il salone come si faceva prima. Distribuiamo i sacchetti dove mettiamo il primo piatto, il secondo, la frutta, una bottiglia d’acqua, le posate e se abbiamo anche i biscotti e dolci. Alcuni, ovviamente, preferiscono mangiare negli spazi aperti vicini, osservando però le misure anti-covid, altri invece portano via.

C’e una formidabile equipe che organizza tutto: padre Pio (Finizio) è il responsabile da parte dei padri scalabriniani ed è ogni giorno in sala per controllare tutti i preparativi. Con lui ci sono altri coordinatori che hanno dato la loro disponibilità di tempo. Direi che senza di loro non ci sarebbe alcuna mensa dignitosa. C’è anche un bel rapporto tra i volontari delle singole giornate.

Sono stato inserito nel gruppo dei volontari e prestando questo servizio un sabato sì, altro no, ho avuto l’opportunità di collaborare con diversi volontari: da quelli anziani che svolgono questo servizio già da diversi anni, a quelli che stanno cominciando, come il gruppo giovanile della parrocchia, e il gruppo scout».

Promuovere la dignità delle persone

«Ho cominciato quest’esperienza l’anno scorso ad ottobre, quando sono stato assegnato alla parrocchia per il mio ministero diaconale, che consiste nel servizio alla Parola e alla carità. Quindi questo servizio alla mensa è proprio del mio ministero. Da subito ho riscontrato dei lati positivi in quelle umili persone che vengono ogni giorno a prendere il pasto.

La prima cosa che mi ha colpito è il sorriso e la leggerezza con cui vivono la loro vita, come se andasse tutto bene. Veramente è qualcosa da poter imparare da loro. Un signore senza tetto, una volta mi ha detto che le restrizione anti-covid, non vale per lui, perché il suo tetto è il cielo. Le sue parole mi hanno fatto capire come queste persone umili sono forse più libere di noi che abbiamo il tetto.

Attraverso questo servizio, sto approfondendo la dimensione del servire gli altri che è tipica dello stile di vita che ho scelto e imparo di più il rispetto e la conoscenza dell’altro. Lo ritengo un buon servizio in quanto l’obiettivo primario non è quello di soddisfare il bisogno materiale di questi nostri fratelli e sorelle di mangiare, ma di promuovere la loro dignità come persona. Quest’obiettivo, mi fa a essere attento quando preparo i pacchi del pasto, perché quei semplice pacchi sono destinati a persone in carne e ossa».

L’ascolto è la cosa più importante

«Ci sono alcuni gesti piccoli che sono chiamato a rivolgere agli ospiti che frequentano la mensa, come il saluto, una piccola conversazione, un sorriso ecc. Questi piccoli gesti servono per stabilire con questi fratelli e sorelle un rapporto di fraterna accoglienza. Come se dicessi “Ti do il benvenuto fratello o sorella”.

Prestando questo servizio ho conosciuto alcuni ragazzi di origine indiana in cerca di un futuro migliore; tanti di loro stanno studiando, costruendo il loro futuro passo dopo passo. Diverse volte, mi è capitato di incontrarli presso la vicina stazione della metro, mi sono fermato, abbiamo scambiato due parole; cerco dare loro l’ascolto, che è cosa più importante.

Mi rendo conto che il servizio a mensa mi sta dando anche l’opportunità di fare amicizia con questi ospiti. Ciò di cui tanti hanno veramente bisogno è di avere qualcuno che trasmetta una speranza nel loro cammino di vita».