Oggi, mercoledì 22 febbraio, inizia la Quaresima. La giornata rappresenta l’inizio di uno dei periodi fondamentali dell’anno liturgico, segnata dallo spirito comunitario di preghiera, di sincerità cristiana e di conversione al Signore. La testimonianza di Renato Zilio, Missionario Scalabriniano a Casablanca, autore di “Dio attende alla frontiera”.

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Un cammino che rinnova le forze: il mercoledì delle ceneri è un giorno chiave per i cristiani. È come il portico d’ entrata di una cattedrale che conduce in uno spazio temporale sacro. Dà il via ad un lungo viaggio, che porta le comunità cristiane a rinnovarsi, a cambiare, a far risplendere di nuovo il loro volto. per incontrare il loro Signore risorto. E sarà un lungo pellegrinaggio di conversione. Di trasformazione del cuore. Come ricorda un detto estremo-orientale : «La persona che parte per un viaggio non è mai la stessa persona che torna».
Il gesto tipico di questo primo giorno di Quaresima è “l’imposizione delle ceneri“. Ricordare, così, le fragilità dell’essere umano, allo stesso tempo la sua forza segreta in Dio. Mi piace pensare come missionario al gesto, che facciamo spesso all’estero in quest’occasione: non un pizzico di cenere di olivo sui capelli. Non si vede, né si percepisce. Ma con le ceneri un lentissimo, largo gesto di croce, tracciato sulla fronte stessa del cristiano, con delicatezza estrema. «Convertiti e vivi la gioia del Vangelo!» sono le parole che l’accompagnano. Come una vera missione nel mondo, anzi nel suo mondo…
È far presente il suo battesimo. La sua immersione, un giorno, nella misericordia del Padre, nel coraggio del Figlio, nella forza dello Spirito di Dio. Sì, il suo nuovo impegno sarà essere il più misericordioso sulla terra. Il più coraggioso nelle prove. Il più forte di fronte al male e al suo strano fascino. Viene, poi, un sorriso di stupore quando i nostri fedeli li ritrovi durante il giorno nel bus o nel metro ancora con le tracce ben visibili del rito sulla fronte. Se le tolgono solo a sera, rientrando a casa. Come per restare il più a lungo possibile con il segno della loro missione.

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Durante la marcia ci si ferma ogni tanto a testimoniare ognuno la speranza che ci fa vivere. È la nostra stessa vita e i suoi momenti di aridità, che ci sembra di attraversare in questo luogo arido. Quello che nel racconto biblico ha portato Abramo e tantissimi altri credenti all’incontro stesso con Dio. Era bello osservare questo avanzare comunitario, meditativo e itinerante ma curiosamente pedagogico e interrogativo. «Verso dove, Signore, sto camminando? Verso dove va la nostra comunità ? È forse rimasta immobile sulle sue posizioni, con il suo solito giro, le persone abituali, il peso delle strutture, le stesse cose da fare, il ritmo stanco dell’abitudine?». Camminare è convertirsi, trasformarsi. «Dammi la conversione del cuore, Signore» sembra ognuno ripetere, in una lunga preghiera silenziosa. Ed è come fosse incamminato verso Damasco e quel suo luminoso, folgorante appuntamento con Lui. Colui che, in verità, trasforma e rende nuova ogni cosa, anche le nostre fragilità trasformandole in chances. In una nuova coscienza di noi stessi. In nuove opportunità di crescita. E così poter «fare dell’interruzione un cammino nuovo, della caduta un passo di danza, della paura una scuola, del sogno un ponte e della ricerca un incontro».